Ha fatto discutere la battuta, senza dubbio infelice, dell’ex primo ministro giapponese – considerato uno dei leader politici più impopolari del Giappone – Yoshiro Mori che, in occasione del Comitato olimpico giapponese lo scorso febbraio ha dichiarato che “nei consigli di amministrazione con molte donne, le riunioni durano molto di più (…) perchè le donne hanno senso di competizione maggiore e se qualcuno alza la mano per intervenire si sentono in dovere di dire sempre qualcosa”.

È vero? I dati dicono di no. Globalmente le donne occupano appena il 16.9% dei posti di Cda, secondo un report di Deloitte del 2020. Una quota irrisoria di esse è rappresentata dalle donne di colore. Mentre le donne che arrivano al vertice sono più valutate per la loro personalità rispetto agli uomini, una rilevazione su 155mila conference call aziendali negli ultimi 19 anni ha evidenziato che sono gli uomini che parlano il 95% del tempo.

Al di là di considerazioni di tipo generale e culturale, è necessario soffermarsi su una riflessione più ampia, che tocca anche la formazione. Il tasso di alfabetizzazione delle bambine e ragazze nel mondo è cresciuto in modo importane nell’ultimo secolo, ma ancora molto resta da fare. Secondo dati dell’Unesco la percentuale di alfabetizzazione delle ragazze di più di 15 anni nel mondo è passata dal 60% nel 1980 all’83% del 2019.

Questo si inquadra in un contesto più ampio e recente, legato agli eventi del 2020. La pandemia ha aggravato una situazione formativa che in ampie parti del mondo era già fragile. Secondo Unesco e Save the Children, il mancato accesso all’istruzione remota ha fatto perdere complessivamente 74 giorni di scuola ai bambini nel mondo. Inoltre. a febbraio 2021, 222 milioni di bambini nel mondo risultavano fuori dal sistema scolastico per l’impossibilità di frequentare la scuola in presenza.

Viene da sé che, con l’aggravarsi della situazione sanitaria globale, bambine e ragazze subiscono molti dei suoi impatti. Peraltro il lavoro da remoto ha avuto ripercussioni significative anche sulla vita lavorativa di molte madri. Secondo Deloitte sette donne su dieci hanno dovuto adeguare la loro routine coniugando vita lavorativa professionale ritengono che la loro carriera subirà un rallentamento.

Tutte queste sfaccettature compongono un quadro che necessita un intervento urgente. In primo luogo è indispensabile mettere in campo azioni concrete per ridurre – e annullare – il gender gap presente in ogni settore. Occorre poi lavorare sull’inclusione nella formazione: stimolando le ragazze a intraprendere studi e carriere in settori che per troppo tempo sono stati erroneamente visti come “maschili” (ingegneria, tecnologie, Stem).

Non da ultimo, le donne a tutte le età e tutti i livelli devono essere incoraggiate a parlare, intervenire, esprimere la propria opinione e difenderla da ogni attacco. Come mostrano i numeri, c’è ampio spazio per farlo.